venerdì 3 luglio 2015

How to: il Belachan Block

Ho girato un piccolo video che spiega come utilizzare un additivo poco costoso ma tremendamente efficace.. dategli un'occhio!

https://youtu.be/USQj0Y9fYQM



mercoledì 17 settembre 2014

Quando meno te l'aspetti

Quali sono le catture dell'ultimo anno che ricordi con più piacere? Sono due, e hanno un denominatore comune: in entrambi i casi non avevo voglia di andare a pescare. Capita. Per esempio di domenica, quando hai lavorato tutta la settimana, oppure in un giorno della settimana che aspettavi da tanto dopo un periodo pieno di lavoro. Preferisci il divano alla recliner, la birra fresca alla bottiglia d'acqua ormai calda, il Cornetto Algida al Goo spruzzato sui pellet e sulle palline. Non c'è niente di male: siamo umani, mica robot, e momenti di relax sono necessari. La situazione cambia se pensi al fatto che di tempo per pescare ne hai poco, per lavoro, famiglia, impegni, e anche un unico pomeriggio potrebbe rimetterti al pari con la tua passione. Dall'altro lato non hai voglia. Che fai? Semplicemente, medi. «Finisco di vedermi la partita, poi con calma mi vesto e vado». Appena salito in macchina ti rendi conto che è una pazzia, perché sono le 4 del pomeriggio e alle 7 hai quell'aperitivo che hai promesso alla fidanzata e a cui, se mancherai, la pesca te la scorderai davvero per molto. Mezz'ora di auto, ovviamente, per andare e tornare: al netto di tutto, un'ora con le canne in acqua. «Ma chi me lo fa fare?», dici, mentre imbocchi la superstrada che ti porterà sullo spot. Mi piace chiamarla la "sindrome di timbrare il cartellino", e capita anche alle passione più appassionate, tra cui credo di poter essere inserito. Ti scatta qualcosa quando, infilato il secondo scarpone e caricato le spalle della poca attrezzatura, ti infili nel bosco e senti il frastuono dolce di chi lo abita. Uccelli che cantano, altri che fanno fischi, pesci che scattano fuori dall'acqua e fanno splash per catturare gli insetti, l'erba che si anima di fruscii provocati da piccoli esseri che non sai cosa sono perché non li vedi mai. L'inquietudine diventa quiete, come se, con una siringa, ti stessero inserendo in vena un anestetico blando. E così, passo dopo passo, entri nel mood giusto per pescare. La camminata si fa più veloce, perché, adesso, hai solo un'ora di pesca e questo (ma guarda...) ti dispiace. «Potevo uscire un'oretta prima?!». Arrivato sullo spot, in dieci minuti sei con tutte e due le canne in pesca. Non devi fare plumbing perché sai esattamente dove stai pescando. Cominci a pensare che un po' ti meriti una cattura, se non altro per lo sbattimento. Ma sai anche di aver commesso il "peccato mortale" di considerare la pesca un peso, e forse il destino te la farà pagare. Senti un paio di bip che ti punzecchiano le orecchie e ti fanno tendere la schiena appoggiata a quel grosso albero che da inizio anno è un po' il tuo rifugio. Poi la canna si flette, quasi salta via dai picchetti. Scatti, ferri. «Se risale la corrente di solito è bella». E lo è, mentre la vedi affiorare nel correntino sottoriva, ormai stremata, ma con le residue forze per non cedere alla rete del guadino. «Scommetti che si slama ora? Me lo meriterei...», e ti ripensi sul divano con la panza di fuori a farti fuori la 33 di Moretti. Poi però ti torna in mente un altra verità: il sacrificio viene sempre ripagato. E allora, eccola, decisamente grossa per il tuo spot, mentre rotola nel guadino e si agita piano sul materassino. Torna a casa lei, torni a casa tu. Alla tv stanno ancora commentando la partita, è come se non fossi mai uscito di casa. Ma lo hai fatto, e non avresti potuto prendere decisione migliore.

lunedì 15 settembre 2014

I tempi cambiano

Tra i 20 e i 25 anni, non posso negarlo, mi sono divertito un sacco. Riprendendo i miei vecchi diari di pesca leggo "60 notti", poi "80 notti", poi addirittura "90 notti". Praticamente tre mesi con le canne a mollo. Come direbbe il mio buon amico Luca Gambino: «Bella vita». Concedetemelo: ho avuto una gioventù meno discotecara e mi sono concentrato su altro. Dopotutto, ai tempi avevo solo un compito: finire l'università con il voto più alto possibile e far contenti i miei genitori. E ce l'ho fatta (c'è tutto su LinkedIN, per chi non ci crede), unendo utile al dilettevole. Adesso, però, è ora di fare un salto temporale di sette anni e... guardo all'oggi. O meglio, agli ultimi quattro anni. E mi rendo conto che quel dilettevole, spesso, non è stato molto "utile". Mi spiego con un facile concetto: se avessi pescato, ai tempi, come pesco oggi, avrei preso il triplo dei pesci e, forse, mi sarei potuto concedere qualche diversivo "discotecaro". Si tratta di un ragionamento meramente utilitaristico che lascia da parte l'emozione e la voglia di avventura. Se prendo a riferimento questi due elementi, infatti, mi commuovo: quanto mi è piaciuto poter far 5-7 notti filate in un grande lago, anche senza prendere niente! Quello fa parte della crescita di un ragazzo, della voglia di esplorare. Tuttavia, tenendo conto solo del "fine", ovvero del catturare, oggi sono senza dubbio più "efficace". Molti non ci credereanno: «Ma come, un direttore di un giornale di carp fishing che non ha tempo per pescare?!». Eppure è così: di notti ne faccio poche poche, e non vado mai oltre le tre, perché oltre al lavoro nella vita c'è altro. Tipo una casa, una famiglia, un futuro da costruire. Old school? No dai, penso mi capiate. Il riassunto della mia vita oggi è questo: pesco tanto, ma per poco. Sessioni, se va bene, di una giornata; in genere, però, di 2 o 3 ore, magari all'alba o al tramonto. Mi muovo rapido, con poca attrezzatura, in posti che ai tempi avrei snobbato perché poco "fighi". E prendo. Non mi posso lamentare. I cappotti li faccio ancora, mica sono diventato Danny Fairbrass (got iiiiiit!), ma sono pochissimi rispetto a un tempo. Studio di più lo spot e, soprattutto, ho sviluppato una certa allergia all'"andare a caso". Non mi lascio più scivolare la pescata addosso senza fare qualcosa, osservo tanto, mi faccio domande, cambio strategie spesso e, soprattutto, sposto di frequente le esche. Ho trovato una sorta di equilibrio che mi permette di vivere tutto (pesca, impegni, altro divertimento) senza trascurare nulla. E sto bene. A tal punto che, non lo nego, il pensiero di fare una "tre giorni" in questi tre anni a volte mi ha angosciato, con la domanda: "Ma se posso prendere lo stesso in mezza giornata, perché andare via tre giorni?". La risposta è molto semplice, e sta in quegli stessi diari che ho sfogliato pochi giorni fa: perché si deve crescere, intraprendere un percorso, il proprio sentiero della vita, senza dimenticare che sei quello che sei grazie a quello che sei stato. Che nulla, di quello che hai oggi, lo avresti senza gli "errori" che, ai tempi, non ti rendevi conto di commettere. In fin dei conti, sotto sotto, una sette giorni nel tuo grande lago dei sogni ti piacerebbe farla. La prova, a te stesso, che sei ancora la medesima persona.

venerdì 12 settembre 2014

"Stecche" inutili? Nient'affatto!

Non so perché, ma molti accessori fondamentali alla prima impressione sembrano coperti da un velo di inutilità. Il caso di cui parlerò in queste righe è quello delle sacche a stecca (sling) che sono apparse sul mercato da qualche anno. Quando ne parlo in negozio con molti ragazzi che non le hanno, mi sento rispondere così: «A noi non servono, non pesiamo i pesci». Non lo faccio quasi mai neppure io, eppure la sacca a stecche, per me, è fondamentale. Soprattutto se abbiamo a che fare con grossi pesci. Primo, perché ci aiuta a non fare male alle pinne dei pesci, soprattutto se usiamo quelle in materiale "fitto" e non in rete. Infatti, la gran parte delle volte le carpe si distruggono le pinne che rimangono impigliate nelle maglie del guadino. Sollevandole dall'acqua per portarle sul materassino non facciamo altro che favorire questo dolorosissimo processo (mai viste le pinne che spuntano dalle maglie del guadino?!). Secondo, un supporto ulteriore rende più sicuro e meglio controllabile il trasporto del pesce dall'acqua al materassino. I guadini, infatti, sono alle volte fragili e non è raro che un pesce, agitandosi, sia in grado di rompere la rete e finire per terra, con tutto quello che ne consegue. Poi, grazie alle maniglie delle sacche, ci sarà più facile trasportare sul mat pesci anche di grosse dimensioni. Terzo, riduciamo le manipolazioni: mettendo la sacca sotto il guadino e trasportando il pesce sul materassino direttamente con quella non dovremo "maneggiare" il pesce per metterlo nello sling, pesarlo, e poi rimetterlo nel mat. Meno gli mettiamo le mani addosso, meglio è. Quarto elemento, che è il più importante: sono comodissime per rilasciare le carpe, e lo sono ancora di più se le sponde sono ripide. Basta poggiare le stecche (che il più delle volte sono galleggianti) in acqua e "aprirle", a 'mo di cancello: la carpa, sentendo l'acqua, uscirà da sola e tornerà nel suo ambiente. Il quinto punto non serve, anzi, è una semplice esortazione: dotiamoci tutti di uno sling a stecche, lo dobbiamo alle nostre avversarie. Sono ingombranti? Balle: ci sono modelli, tra l'altro neanche troppo costosi, con le stecche che si ripiegano su se stesse. E su, dai, fateci un pensierino. Fatelo per le carpe!

martedì 9 settembre 2014

Una domenica diversa

Se sei un vero pescatore, la pesca ti piace tutta. Sì, puoi essere un carpista, uno "spinnista" (termine orribile, ma molto meno di "spinningofilo"), un moschista, un silurista, ma dentro sei semplicemente un pescatore. Ecco perché quando quanto ti viene proposta una nuova sfida è molto difficile dire di no. A me è successo proprio questo: un amico appassionato di spinnging mi ha chiesto di accompagnarlo in una pescata sul Lambro e io come potevo rinunciare? Ma è domenica è c'è un problema: sabato sera sono a Bergamo e rientro a casa più o meno alle 2.30, quando la sveglia è alle 5. Rinuncio? Macché, si va: dopo l'operazione alla gamba non voglio rinunciare più a niente, perché si vive una volta sola e... ogni lasciata è persa! Ebbene, che decisione felice: ho passato una bellissima giornata in mezzo a un bosco selvaggio, costeggiando il fiume come se fossi un "salmonista" in Alaska. Solo che qui pescavamo piccoli persici, cavedanelli e qualche siluretto. Facendo i primi lanci mi sono reso conto subito di una cosa: che in questa mezza giornata potrei anche non aver catturato niente ma avrei imparato tanto. La pesca con le micro-testine e le gomme, il movimento dell'artificiale in corrente, lo scoprire che il cavedano "assaggia" l'artificiale e non rimane mai allamato, la disposizione dei pescatori lungo una sponda. Tutte cose che do per scontate nel carp fishing ma che nello spinning non lo sono. E quando ha abboccato il primo persico (che vedete nella foto) ero da solo: intorno a me solo alberi, il canto degli uccelli e delle zanzare che si avvicinavano kamikaze alle orecchie per allontanarsi al primo sentore del repellente sulla pelle. Mi sono gustato il momento, con il pesce tigrato che faceva il diavolo a quattro (per quanto piccolo) in corrente e piegava la mia cannetta così leggera e così sensibile. Vero, le carpe tirano di più, ma è stato incredibile vedere quel predatore scattare dal fondo, salire sul raglou (già, anche gli spinnermen si fanno paranoie toste sulle esche e poi quelle più efficaci sono semplici gommini da pochi centesimi di euro), ingoiarselo e girare la testa di scatto, per poi cedere solo a forze finite. Ed è stato fantastico scoprire il Lambro sotto un altra luce: uno dei fiumi più inquinati d'Italia è anche molto pescoso. Sotto i miei piedi, nei giri d'acqua, vedevo carpe di 2-3 chili aggirarsi in cerca di cibo, e lì non ce le ha messe nessuno, vuol dire che si sono riprodotte e che l'habitat è ideale per un futuro. Alle 11 sono di nuovo a casa, pronto ad affrontare una domenica di relax. Ho un sonno boia, ma il bagaglio della mia esperienza si è arricchito di tanti elementi in più. Ci dormo su, per farli sedimentare bene...