lunedì 4 febbraio 2013
Parola ai fatti
C'è chi parla e c'è chi dice. C'è chi intende fare e c'è chi fa. C'è chi fa e c'è chi si impegna. Sfumature. Parole. Ecco, le parole. Quanto sono importanti oggi? Tanto. Forse più che mai. Oggi la prima impressione - giusta o sbagliata - che diamo al nostro interlocutore dipende dalla parole: da una descrizione su un profilo di un social network, dai 140 caratteri di un tweet, dal semplice attacco di una discussione in chat. L'avatar, l'immagine che ci rappresenterebbe (e che noi abbiamo scelto!) viene dopo. Noi siamo soprattutto parole. E siamo anche le parole che gli altri dedicano a noi. Nel terzo di vita che finora ho vissuto non ricordo un periodo in cui lettere in serie e discorsi abbiano avuto così tanta importanza. Ecco perché, considerata la mia professione, le temo: affilate come spade, toste come pugni, subdole come virus. Ti uccidono, ti stendono, ti spengono lentamente, senza che tu te ne accorga. Oppure ti circuiscono, superando il firewall della tua intelligenza. Internet, il mezzo che sta dando spazio anche a ciò che stai leggendo, è la più grande invenzione tecnologica dell'uomo. Ma è anche lo strumento che sta portando noi ominidi evoluti dall'essere "uomini del fare" a "uomini del dire". In ogni ambito: dalla politica alle relazioni domestiche, dal lavoro alle semplici passioni. Insomma, la parola fa il monaco. Perché è così facile (s)parlare oggi: se sai costruire bene un discorso puoi essere un fortissimo calciatore, un amante infallibile, il più forte professionista sulla piazza, ma anche il genio incompreso, il rappresentante di un sentimento di malessere, il messia che tutti aspettavano. In parte è sempre stato così, ma è anche vero che dove una volta ci si metteva la faccia, oggi si mette l'avatar. I gesti, che smentiscono il bugiardo, sono anestetizzati dal cavo di rete. La parola, che prima era anche voce, oggi è dato; era anche segno, e oggi è impulso elettrico. Lo so, sembro impazzito nel fare un discorso del genere su un blog di pesca. Le motivazioni, però, sono più sensate di quanto sembri. Soprattutto ora che sto sistemando parole che un giorno non troppo lontano un pescatore assorbirà con i propri occhi su un supporto cartaceo. Ne sento tutto il peso, tutto il valore, tutta l'importanza. Ma, soprattutto, il collegamento con il fare: sto cercando di far parlare i fatti. Quello che penso a volte non interessa neanche a me. Quello che faccio invece decreta chi sono. E io non sono un semplice avatar.
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