Da sinistra a destra, King, Il Menega, Luca, Silvio, Walter, Davide
Non sarebbe stato lecito chiedere ulteriori regali al destino. I primi raggi di sole iniziano a bussare con violenza alla porta delle nostre tende dicendoci che ci siamo fatti una bella dormita. La notte è stata serena, tranquilla, riposante, la prima senza l’assillo della cattura a tutti i costi ed è stata cullata da quel senso di appagamento difficile da spiegare a chi non sa cos’è per noi Endine – dopo tutto si tratta di due carpe “normali” – ma che è così chiaro sui nostri volti mentre sgranocchiamo due biscotti. È andata anche questa. Bene, molto bene, perché se al ritrovo si parte tutti con la sola idea di vincere, bastano pochi attimi sulle sponde per capire che gli “eletti” saranno pochi. E sarà solo il lago a decidere. Lentamente, in silenzio, ripercorriamo al contrario il percorso iniziato tre giorni fa. Le borse si riempiono di nuovo, le tende tornano nelle loro sacche e i piombi fendono per l’ultima volta l’acqua del lago magico. Anche le macchine, orribili nei giorni scorsi per quel senso di vuoto dato dalla mancanza dei sedili, riprendono vita addirittura in modo “barocco”, riempiendosi a più non posso di tutta la nostra attrezzatura. È solo nel momento in cui sento il profondo “clack” del portellone dell’auto per l’ultima volta che ritorno per qualche istante a me stesso. Guardo il Lago di Endine che sguscia pacifico tra le due montagne verdi, che a loro volta si specchiano nelle sue acque donandogli il colore che riconosci a un chilometro di distanza e che ti fa dire «Ah, è Endine!» ogni volta che vedi una foto. È finita, bisogna tornare a casa. Certo, adesso arriva il bello: la premiazione, la consegna della beneficenza (parentesi: 5.500 euro, applausi agli organizzatori!), l’estrazione dei premi della lotteria e il sempre divertente pranzo finale. Ma il saluto a lui, al lago, è qui e ora. Non può essere altrimenti. È nell’ultimo sguardo prima di ficcare la testa in macchina e tornare alla vita vera insieme con il gracchiare indistinto della radio che non prende bene il segnale. Già, la vita vera, quella che ti chiama a sé e da cui cerchi di sfuggire ogni volta che armi le canne per attendere che il buio ti abbracci e ti faccia sparire dal giudizio di ogni giorno uguale a se stesso. E allora la gioia si vela un poco, macchiata dal fastidioso pensiero che questa Maratona potrebbe essere l’ultima. «Non lo sarà»: il lago scompare dietro una curva e il clacson di un camion mi colpisce come un pugno. È ora di ributtarsi nella mischia. È ora.
Postilla
Grazie per aver pazientato nella lettura di questo lungo testo. Avrei potuto accorciarlo e togliere tutto il superfluo ma non me la sono sentita. Non ce l’ho fatta, forse per pigrizia o forse perché quando racconto di questo lago e di questo evento non riesco a trattenere il flusso delle emozioni. Quindi “sbrodolo” un po’. Grazie allora a te che hai letto giorno dopo giorno, aspettando per più di due settimane, i capitoli tutto il mio racconto. So bene che non è facile rimanere attaccati a una storia a puntate e proprio per questo ho pensato bene di farti un “regalo”: l’intero racconto in un solo file PDF che puoi scaricare sul tuo hard disk per leggerlo come e quando ti pare. Clicca qui per scaricarlo: magari puoi portarlo con te a Endine quando affronterai la nostra stessa postazione. E riderai dopo aver visto in quali punti abbiamo calato gli inneschi. Oppure ci ringrazierai: non serve la dedica della tua cattura, basta solo un piccolo pensiero. Perché Endine ci unisce.
2 commenti:
Caro Menega, fotografia perfetta...
Grazie sensei (si scrive così?!).
Ma ti riferisci al faccione della carpa nel post precedente?
Perché in quella di questo post sono davvero impresentabile... ;)
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