lunedì 15 ottobre 2012

Endine 2012: nove anni bastano...

Sei crollato con le palpebre pesanti alle dieci di sera. Troppo presto per un ragazzo di trent’anni. Ma la stanchezza è forte: una notte insonne non fa sconti neanche ai giovani. Improvvisamente ti svegli. Né per un sogno brutto, né per necessità impellenti. Apri gli occhi e basta. Forse dovevi farlo. Lì, sulla scrivania, vedi qualcosa che settimana scorsa non c’era. Ha forma quadrata, anzi no, è un pesce. Non è un pinnuto vero, però, è una riproduzione. La grafia è artistica: Maratona Benefica Internazionale di Endine 2012. E sotto: Comune di Spinone. Ci metti un po’ a realizzare: Endine – Maratona Benefica – Spinone – carpa – trofeo. Ti balzano in mente poi i riflessi dorati. «Per un anno è vostra, poi la rimetterete in palio nella prossima edizione». È tutto vero? Lo smartphone segnala che qualcuno nella notte ti ha scritto: “Stavolta l’abbiamo combinata proprio grossa! Grazie di cuore, ragazzi, grazie…". E un altro: "Abbiamo fatto un’impresa. Provo a realizzare cosa è accaduto e le sensazioni che ho sono indescrivibili. Grazie ragazzi, abbiamo realizzato un sogno!". Sorriso. Abbraccio al cuscino. Ultimo pensiero: è tutto vero. Hai vinto la Maratona di Endine, classifica a peso totale. Sì: i veri sogni non si vivono mentre si dorme…

Sarò prolisso, lungo, pesante, pomposo. Quindi preparatevi. Racconterò per filo e per segno ciò che abbiamo fatto in questi quattro giorni, senza filtri. Vi dirò dove, come e con cosa abbiamo pescato. Ovvero, farò ciò che mi aspetterei da tutti gli angler a cui chiedo informazioni per pescare meglio. Niente finzione, tutta roba vera. Come tra amici. Mi dimenticherò qualcosa, ma vi prometto che lo leggerete nelle prossime puntate.

È giovedì, la sveglia scatta alle 5. Devo caricare la macchina, tutta: capita quando hai una sola automobile e una sorella in casa che esce con le amiche. Ho avuto una settimana pesantissima, uno schifo al lavoro, un dramma in generale. Paradossalmente è come se tutta la carica accumulata in due mesi per l’Appuntamento fosse sfumata. Troppi pensieri, chi me lo fa fare? Ho pure le palle girate perché mi si è rotta una barra portapacchi e non potrò portare la Mariposa. Ciondolando mi preparo e inizio a riempire il veicolo, rigorosamente con lo stile “Tetris”, ovvero con ogni cosa incastrata perfettamente con l’altra, come piace a me. Parto, sempre con gli stessi pensieri. Se ho dimenticato qualcosa non importa, basta andare via da qui.

Autogrill, il solito. Brianza. Silvio e Luca son già lì, carichi come due mine. Daniele, detto il “King”, arriva poco dopo, anche lui dopo una sfiancante giornata di lavoro e con una voglia matta di godersi quattro giorni via da casa. Raffale, Davide e infine Sergio. Ci siamo, la sede 166 di Milano si avvia verso il Lago di Endine per la Maratona Benefica. L’appuntamento degli appuntamenti. Granello dopo granello, la sabbia dell’entusiasmo inizia a seppellire lentamente i pensieri. Speriamo funzioni.

Salto temporale, sponde. Non volevo tre postazioni: Filanda, Pic-Nic, Pontile. Dove finiamo io, il King e il nostro special runner Luca? Al Pontile. Vabbè, ti hanno detto che fino a settimana scorsa alla postazione a fianco hanno preso un sacco di carpe. Però tu lo sai che la postazione non è il top: in 7 anni non hai mai scattato una foto per fare i vari servizi per le riviste, ti ricordi che hanno preso un pesce nel 2010, ma uno solo, e mentre monti il campo la gente che passa ti dice: «Ah, non è una gran postazione». Che fai, ti ritiri? No. Semplicemente cambi il tuo mood e fai in modo che la pescata si realizzi nel miglior modo possibile. Niente pesci? C’è la compagnia, e che diamine!


Poi comunque ci speri sempre. Mentre scruti il lago dal pontile ti si accende l’ecoscandaglio del cervello. Calerei qui, lì, sbarrerei il lago in quel punto, vedo dei movimenti nel canneto. Insomma, la postazione farà schifo ma provarci non costa nulla. Non è la prima volta che mi capita. Anzi. Sono convinto che quando sei alle strette, ovvero senti di partire svantaggiato, scatti un meccanismo psicologico importante: non hai niente da perdere, sei più rilassato, pretendi meno da te stesso e dalla situazione. E, cosa importantissima: sei più lucido. Ogni segnale, ogni movimento assume valore per quello che è, non per quello che gli altri, la storia, o la situazione ti suggeriscono che sia. Non amo pescare nelle “postazioni migliori”: troppa tensione, non tiro fuori il meglio da me stesso. O forse mi piace dimostrare quello che valgo e rendo di più quando nessuno scommetterebbe su di me.


Vediamo allora com’è ‘sto Pontile. Siamo in mezzo a un’ansa poco pronunciata dopo la Casa del Pescatore. Perfettamente alla metà del lago. È un punto larghissimo e dalla postazione si domina un’ampia porzione d’acqua. Canneto a destra, canneto a sinistra, davanti un piattone unico senza grandi sussulti (ma piuttosto ondulato) che scende lentamente fino a 8,3 metri a centro lago, linea oltre la quale non possiamo andare. Erbai? Uno solo, grosso ma morente, sulla destra. Il fondale è molle e non poco. Ci sono tratti marci, dove le alghe giacciono spente in decomposizione. Altri invece sono ricoperti da alghette alte 3-4 centimetri, sparse a chiazze. Punti duri, nessuno. Un po’ più duri qualcuno, ma sempre di fondale soffice si tratta. E poi c’è la Madonnina. Sulla sinistra. Se ne sta a proteggere la Casa del Pescatore ritta su un palo che sembra farla galleggiare sull’acqua. Lì hanno preso pesce nelle scorse settimane: abbiamo un punto di partenza! Unico “problema”: noi (punto rosso nel disegno qui sotto) siamo circondati da carpisti (punti gialli), pure piuttosto bravi, e siamo nel mezzo. Sarà per questo che la postazione è nota per essere niente di eccezionale?!


Ore 16 di giovedì. La manifestazione ha inizio. Come mettiamo le canne? Partiamo dalle info sicure, che arrivano da sinistra. Una canna sotto la Madonnina, dove il fondale misura 3,5 metri, c’è qualche alga qua e là ma non è marcio. Seconda e terza canna sono “classiche”, verso il centro del lago, dove sapevamo che erano stati presi pesci nella settimana precedente. Una in 6 metri d’acqua e l’altra in 8, in un tratto pulito e monotono. E a destra? Grande goduria quando con l’eco troviamo un grande erbaio vicino a riva, che si estende per circa 30 metri. Canneto, canale pulito, erbaio: vuoi che una canna non la mettiamo qui? Per le altre due non ci sono molte altre scelte: dobbiamo coprire tutte le profondità, o meglio, le fasce di lato. Eccone una a media distanza, sui 4 metri, e una in 8,2 metri, a coprire il corridoio tra i segnalini “lunghi” a sinistra. Le speranze sono racchiuse soprattutto nel sottoriva, per un semplice dato di fatto: le canne a centro lago possono essere “chiuse” dalle coppie ai fianchi e sulla sponda opposta. A quel punto vince chi ha l’esca migliore. Ecco: noi abbiamo le esche migliori? Non lo sappiamo…


Le prime ore di pesca ci danno un’indicazione: il pesce nel settore c’è. Ma sono scardole, cavedani e carassi. Gialdoni, insomma. Le canne di sinistra vengono letteralmente aggredite. E fatte fuori. «Se continua così, usiamo 100 chili di esche». Le canne di destra, invece, stanno tranquille. Pure quella tra canneto ed erbaio, che dovrebbe essere quella più soggetta all’attacco della minutaglia. Oltre che per il posto, anche per l’innesco: doppia tiger bilanciata. Ecco un primo appunto tecnico: io, che pesco a destra, innesco su tutte e tre le canne le tiger nut. Una doppia bilanciata. A chi mi chiede perché io dico così: non ho fiducia in me come self maker, non ho così tanti soldi da investire in ready made top quality, e soprattutto esperienze passate mi hanno dimostrato che se devo fare pesca di “ricerca & blocco” del pesce le tiger sono l’esca giusta. Sì, c’è sempre il rischio che vengano aggredite subito dal pesce bianco, ma almeno tengono alla larga i gamberi, che qui sono tantissimi. Insomma, forse non abbiamo le esche migliori, ma una che sulla carta funziona ce l’abbiamo sì. E allora mettiamola su tutte le canne.

Prima notte passata: niente di niente, solo gialdoni. Ci sta, la postazione non è granché. Però, cavolo, l’attività di pesce c’è. Se mangiano cavedani & co., devono passare anche le carpe. Il dato confortante è che hanno preso solo 7 pesci in tutto il lago, tutti nella nostra zona (Alberello, Api, Scarpata, Buchino), tra i 5 e 7 metri d’acqua e sottoriva. Sono sveglio da poche ore ma so già quello che farò stasera: le canne rimarranno lì dove sono. Il King ha qualche dubbio, ma poi anche lui lascerà gli inneschi lì dov’erano. Non ha senso cambiare dopo una sola notte: hai pasturato, hai creato attrazione, è possibile che il pesce passi la seconda notte. Una conferma mi arriva dopo un giro di perlustrazione sui segnalini con la videocamera subacquea. Sulle mie canne è sparito tutto, tranne in un caso: l’innesco piazzato in 4 metri. Lì qualche tiger c’è ancora. La stessa cosa vale per le canne di Daniele. Lo schermo video mi fa capire poi di aver commesso due errori: primo, ho usato piombi troppo pesanti (grippa da 2 etti che sono evidentemente sprofondati sotto il limo); secondo, ho pasturato poco (tre manciate di tiger per canna). In effetti mi hanno fregato la distanza (oltre 200 metri da riva) e l’idea che per fare pesca di ricerca si debbano usare poche esche. È vero, ma non sempre, e questo è uno dei casi.

Nella seconda notte, allora, i punti di pesca saranno gli stessi, sia per me sia per Daniele. Entrambi però aumenteremo la quantità di pastura, passando a qualche chilo di esche per canna. Io continuo “tiger only” e metto zavorre da 130 grammi. Siamo pronti.

Gli amici sono gli ingredienti fondamentali delle mie pescate. Senza gente vera, con cui mi intendo a meraviglia, io sarei morto. Ecco perché, anche se sono in una postazione non al top, sono tranquillo: perché sto con gli amici storici, quelli che ci sono sempre stati e che ci sono sempre. Che sanno come sono fatto, mi sopportano e con cui non servono parole per intendersi. Siamo in tre, ma solo due pescano: Luca non può, per regolamento, materialmente pescare. Si deve accontentare di una cannetta fissa per le scardole. Ma c’è. È venuto con noi per assisterci nella pescata, per fare la spesa, per raccogliere info dal lago, per divertirsi. Sì, noi stiamo bene insieme e non è un problema partecipare a un enduro… senza pescare. Se io catturo, catturano anche Luca e il King. E viceversa. Mettere da parte gli egoismi per un obiettivo comune è la ricetta fondamentale di ogni gruppo. E io sono fortunato ad avere amici così.


Come dimostra il prossimo racconto. Io in 9 anni di Maratona Benefica di Endine ho preso una sola carpa. 3,4 chili qualche anno fa, insieme con il King. Bel palmares, eh?! Ecco perché, quando alle 22.30 della seconda notte la mia canna centrale inizia a strillare siamo sbigottiti: c’è, ma nessuno crede che il suono provenga dal mio pod! Una partenza a cannone, il pesce vuol levarmi l’attrezzo dalle mani. Giubbetti salvagente, barca, remi: andiamo a guadinarla! Tiene il fondo ma sembra piccola, tira piccole testate e si muove molto. Un attimo: ma dov’è il segnalino?! Si sposta con noi, si è impigliato alla lenza! Non posso perdere un’occasione così, se non stacchiamo subito i 4 etti di zavorra del segnalino il pesce si slama. Il King taglia la lenza del segnalino e recupera il galleggiante, intanto io prego che la lenza si sfili. Non va. Sento la zavorra gigante sul fondo che non mi permette di portare il pesce verso la barca. La mia 9 piedi ora è piegata al limite della rottura, non ce la farò mai. Poi, bum, via, il pesce fa una fuga laterale e magicamente la lenza si fa leggera. Sento le testate dirette, la furia violenta e pura sul cimino: si è liberata! «Bella specchi, King». «Già». Ma a guadino finisce una regina. Un pesce vero, il mio primo pesce vero di Endine. Ed è vero vero, è grande! Nel tragitto verso riva provo un’emozione incredibile, telefono a Silvio e gli racconto ciò che ho appena vissuto: ho-preso-un-pesce-bello-a-Endine-dopo-nove-anni. Il King continua a farmi i complimenti, mentre a riva Luca è impaziente: «Preparo la sacca?». «Sì, ma è piccola». «Fa niente, la preparo». Pochi secondi dopo, mentre Luca cerca di tirare su il pesce dal pontile, dice: «Piccola?! Ma tu sei scemo, è un pescione!». Nel Cradle giace una regina quasi rotonda, massiccia, grossa. La vedo e penso che siamo over 15. Ma non ho tempo di pensare oltre. Alzo lo sguardo e Luca tira fuori da dietro la schiena una bottiglia di spumante. La agita, la stappa e ce la versa addosso tipo premiazione di un gran premio. Urliamo di gioia, ci abbracciamo. E ripenso alla scena: questa è amicizia vera e siamo fortunati a poterla vivere qui a Endine. E con una 13,6 chili, peso ufficiale, è ancora più bello.


«Continuava a bippare, te l’ho detto che il pesce era sopra». Dato dopo dato, abbiamo le idee sempre più chiare. O almeno ci sembra. Primo: sappiamo che in un punto tra quelli che abbiamo scelto le carpe passano. Secondo: pasturare in abbondanza ha evidentemente attirato più pesci, tra cui non c’era il “bianco”… ecco spiegati i bip continui prima della partenza e il silenzio totale nelle ore successive. Terzo: nella notte sono usciti solo sei pesci in tutto il lago e noi siamo ancora in gioco. Quarto: la carpa che abbiamo preso potrebbe essere un miracolo, quindi restiamo umili, peschiamo come sappiamo e proviamo a tirare fuori il meglio.


Via la canna dal sottoriva, concentro tutto in quella fascia di lago. Come mostra il disegno (puntini blu), le mie tre canne vanno tutte nella stessa zona, lì dove abbiamo visto attività. Pure Daniele si sposta più verso centro lago, piazzando poi un innesco su un fondale duro vicino a un grosso palo in acqua, che all’occhio della videocamera ha mostrato evidenti segni di mangiate (gusci rotti). Tutte le tiger nut che abbiamo, comprese quelle che ci ha donato gentilmente il nostro socio Raffaele e cotte nel pomeriggio, finiscono in acqua. Tramonto, preghiera, si spera.

Appagamento. Affronto l’ultima notte con molta rilassatezza. Cosa posso chiedere di più? Non penso più alle mie cose tristi, mi sto divertendo alla grande con i miei amici, ho preso un pescione di Endine e non fa neppure tanto freddo. Un bambino dal passeggino mi sorride e mi saluta, le vecchiette si fermano e ci chiedono se abbiamo preso e cosa mangiamo a sera. È come essere proiettati in un’altra dimensione, in un altro tempo. Sto bene. Sto per finire di dirlo a mia madre al telefono quando la mia canna, sempre la stessa, strilla. Io sono lontano, quindi va il King sulla canna. E, o mio Dio, ferra! No! Caccio un urlo tipo cantante death metal per scongiurare ulteriore violenza, e incrocio le dita. Non basta: il pesce si slama. Mai ferrare, mai. Non lo faccio quando pesco al lancio, non va mai fatto in long range. Una piccola delusione in una sessione perfetta ci può stare. Non sapremo mai come sarà quel pesce di Endine, semplicemente se ne è andato. Chiedo scusa a Luca e a Dani per il rimprovero, ma al contempo capisco quanto sia stato importante: sono in the game, concentrato al punto giusto.

«Sono le dieci di sera, secondo me ce la facciamo, il pesce è là». Cambio il finale ed esco con Dani a ricalare la canna. Finisco tutte le tiger che ho, altri due preziosi chili vicino al segnalino. È a questo punto che scatta un meccanismo nuovo: iniziamo a crederci. Cioè: sono usciti quindici pesci in due giorni, i primi per il big fish sono sempre raggiungibili perché basta un colpo di fortuna, quelli a peso totale sono lì, a 16 chili di distanza. Due pesci di media pezzatura. Non sappiamo cosa sta succedendo in tutto il lago, forse la pioggerellina che sta bagnando le nostre teste le ha messe in moto. Per quello che vediamo, però, le coppie intorno a noi sono tranquille nelle loro tende. «Oh, Paolo, io ci credo». «Crediamoci, allora!».

Evidentemente, ogni tanto, quando credi forte nelle cose, le cose si realizzano. Un’ora dopo, altra sberla sul segnalatore, e questa volta non sbagliamo: carpa a guadino. È partita la canna sul secondo segnalino dei miei tre, quello centrale. La prova evidente che i pesci sono in quel punto preciso e sicuramente a mangiare non c’era solo quello che abbiamo ora nel guadino. Ce la possiamo fare, ma senza tiger è dura. «Usiamo le palline». «No, ma sei fuori, piuttosto l’innesco da solo, le palline non le stanno considerando proprio, le considerano un pericolo». «Ci penso io». Telefonata, Luca parte con la macchina e va da Silvio. Torna con mezzo secchio di tiger nut, ne abbiamo abbastanza per altri tre pesci almeno. Vedete quanto conta l’amicizia vera a pesca? Non solo tra soci, ma tra componenti dello stesso team. Non importa chi prende, chi vince: perché se si fa risultato godono tutti. E se possiamo inseguire il nostro sogno, lo dobbiamo anche alla generosità di Raffaele e di Silvio.



Mezzanotte e mezzo. Di nuovo la canna più esterna. Altra carpa. E siamo a tre. 3 e 30: canna interna, reginona pazzesca. Grossa, non sappiamo quanto, ma grossa. «Ce la facciamo, ce la facciamo». 4 e 30: sbam, altro pesce. In mezzo, l’assistenza a uno degli olandesi che ha abbandonato in piena notte la postazione per tornarsene a casa: grazie all’iPad del King gli illustriamo quale volo prendere il giorno successivo. Pare che abbia litigato con gli altri soci: assurdo, ma oggi capita anche questo. Finite le tiger, finita la festa. Non prendiamo più.


Ci svegliamo la domenica con quattro pesci nelle sacche, di cui uno bello bello. Penso: ce l’avremo fatta? Poi mi stropiccio gli occhi e mi dico che devo essere contento. Umile, perché fino a ieri ero (e sono ancora) un pivello. E poi che ne sappiamo noi? Abbiamo preso 4 carpe ma magari all’Alberello o alle Api ne han fatte 7. Non abbiamo info certe, ma siamo sicuri di una cosa: è stata una delle pescate della vita. 9,7, 9,4, 8,1, 15,5: poker di regine. E quando mai ci ricapita più?


Cercando di non addormentarci in piedi iniziamo a smontare il campo. «Prendiamo una giornata di ferie e ci fermiamo un’altra notte?». No, non chiediamo di più a chi (il lago) ci ha già dato tanto. Ci domandiamo cosa sia stato a dare la svolta alla sessione. E pure alla postazione, considerata da sempre non tra le migliori. Forse il punto preciso? Forse la scelta di usare solo le tiger? Forse la scelta di usare esche che non affondano nel fango? Forse l’abbondanza nella pasturazione? Oppure la precisione delle calate? O magari è stato il 360° rig montato su bracciolo stiff? E se fosse stato merito del Goo? O dell’ammollo nel succo di tiger? Chi lo può dire. A volte le coincidenze si formano per l’incastro perfetto di elementi apparentemente scollegati tra di loro. Altre volte il coraggio, l’osare qualcosa di nuovo viene ripagato e non si trasforma in uno schianto nell’acqua. C’è un elemento, però, su cui non avevamo alcun dubbio: la fiducia. In noi tre, anzi, in noi sette. Nelle nostre capacità di “capire” uno spot con gli strumenti a disposizione. Nei terminali che facciamo da anni, e che non scegliamo a caso. Nelle esche che da sempre ci hanno regalato i sorrisi che anche in questa occasione abbiamo potuto sfoggiare. Il segreto è stato tutto qui: nonostante tutto la fiducia ce l’abbiamo avuta fin da subito. Magari poca, ma è cresciuta ora dopo ora.

Con le macchine cariche arriviamo alla casa del pescatore. Non sappiamo ancora nulla del nostro destino. Silvio ci viene incontro. «Ragazzi, non resisto». Abbassa gli occhi. Sorride. «Avete vinto!». «Ma sei sicuro?!». «Sì, ho visto il foglio della giuria!».


Paolone Cominelli ci chiama alla premiazione. Sì, siamo noi e il nostro sogno diventato realtà. Dopo nove anni. Non capisco nulla. Niente di niente. Mi tremano le gambe, cerco di non sembrare scemo trattenendo il pianto. Io quel trofeo l’ho visto per anni, e per anni ho fotografato i pesci di chi ha potuto portarselo a casa, ho sentito la loro soddisfazione e la loro gioia, e ora posso stringerlo io. Noi. Per un anno sarà nostro, vincitori della classifica a peso totale della Maratona Benefica di Endine edizione 2012. Per qualche minuto la gente mi parla ma io sono nel mio mondo. Nel cervello una piccola voce mi dice che da domani torneranno i pensieri e i problemi, ma non l’ascolto. Chiudo la porta. Guardo il lago, sulle spalle la pioggia, quella tanto attesa, che finalmente scende copiosa. Alle spalle Luca e Daniele mi chiamano, è ora del brindisi celebrativo. Stringo forte il trofeo e prima di voltarmi dico “grazie”. L’album dei ricordi si anima di un nuovo, indimenticabile week end. Di un nuovo pezzo della mia storia. Non è la vita vera, ma mi piace pensare che tutto accada per un motivo. Per la magia di un evento che sento mio.



Ps. Grazie a voi due, ragazzacci!


5 commenti:

Unknown ha detto...

Il commento piu' grosso si fa guardando le vostre faccie e leggendo questo fantastico report..
Non ci sono parole per vedere l'entusiasmo la forte amicizia che vi unisce in ogni momento..
SIETE UNICI..

COMPLIMENTI ANCORA

Maury ha detto...

Bingoooooooooooo! Ah ah ah… troppo forti! E tutto questo succedeva quando io ero distante più di 200 km e neanche mi ricordavo del mitico weekendone???? Mi darei delle martellate in testa.

E’ bello tornare a leggerti, e regali un po’ di emozione anche al sottoscritto che ha lasciato tutto il suo CF in cantina ormai da due anni. Mi hai riportato completamente dentro, in un attimo.
Aaah, le tiger…. pensare che mi hanno dato le più grandi soddisfazioni, e c’è gente che le snobba!
Anche la telecamera subacquea??? Accidenti, sono rimasto davvero indietro…
Comunque il tuo sorriso dice tutto. Grande Pab, ma questo lo si sa. E poi, ci voleva proprio. Direi che non c’era una persona su tutto il lago, che si meritasse questo più di te. E’ la giusta ricompensa per lo spirito che ci metti, e per la persona che sei.
Un salutone anche ai tuoi grandi compagni di avventura!
Maury

P.S. Che sia merito anche del tuo nuovo taglio di capelli? ;-)

Il Menega ha detto...

Grazie infinite ragazzi, le vostre parole mi fanno davvero grande piacere!

X maury: io ho sempre amato le tiger, avevo solo il problema di non poterle cucinare spesso..ora posso, e me le godo! Certo che senza gli altri soci della 166 avremmo preso le metà dei pesci, le tiger son volate dentro in quantità inaspettate x Endine..:)

Ci sentiamo nelle prossime settimane, potrei avere una buona notizia, ma é meglio non dire nulla per non portarmi sfiga.. :)

Unknown ha detto...

Ciao diavolo di un Paolo... sei sempre bravo a raccontare storie, tu. Ti porto nel cuore.

Unknown ha detto...

Sono Giulio, ho visto solo ora di aver postato come sconosciuto.