lunedì 15 settembre 2014

I tempi cambiano

Tra i 20 e i 25 anni, non posso negarlo, mi sono divertito un sacco. Riprendendo i miei vecchi diari di pesca leggo "60 notti", poi "80 notti", poi addirittura "90 notti". Praticamente tre mesi con le canne a mollo. Come direbbe il mio buon amico Luca Gambino: «Bella vita». Concedetemelo: ho avuto una gioventù meno discotecara e mi sono concentrato su altro. Dopotutto, ai tempi avevo solo un compito: finire l'università con il voto più alto possibile e far contenti i miei genitori. E ce l'ho fatta (c'è tutto su LinkedIN, per chi non ci crede), unendo utile al dilettevole. Adesso, però, è ora di fare un salto temporale di sette anni e... guardo all'oggi. O meglio, agli ultimi quattro anni. E mi rendo conto che quel dilettevole, spesso, non è stato molto "utile". Mi spiego con un facile concetto: se avessi pescato, ai tempi, come pesco oggi, avrei preso il triplo dei pesci e, forse, mi sarei potuto concedere qualche diversivo "discotecaro". Si tratta di un ragionamento meramente utilitaristico che lascia da parte l'emozione e la voglia di avventura. Se prendo a riferimento questi due elementi, infatti, mi commuovo: quanto mi è piaciuto poter far 5-7 notti filate in un grande lago, anche senza prendere niente! Quello fa parte della crescita di un ragazzo, della voglia di esplorare. Tuttavia, tenendo conto solo del "fine", ovvero del catturare, oggi sono senza dubbio più "efficace". Molti non ci credereanno: «Ma come, un direttore di un giornale di carp fishing che non ha tempo per pescare?!». Eppure è così: di notti ne faccio poche poche, e non vado mai oltre le tre, perché oltre al lavoro nella vita c'è altro. Tipo una casa, una famiglia, un futuro da costruire. Old school? No dai, penso mi capiate. Il riassunto della mia vita oggi è questo: pesco tanto, ma per poco. Sessioni, se va bene, di una giornata; in genere, però, di 2 o 3 ore, magari all'alba o al tramonto. Mi muovo rapido, con poca attrezzatura, in posti che ai tempi avrei snobbato perché poco "fighi". E prendo. Non mi posso lamentare. I cappotti li faccio ancora, mica sono diventato Danny Fairbrass (got iiiiiit!), ma sono pochissimi rispetto a un tempo. Studio di più lo spot e, soprattutto, ho sviluppato una certa allergia all'"andare a caso". Non mi lascio più scivolare la pescata addosso senza fare qualcosa, osservo tanto, mi faccio domande, cambio strategie spesso e, soprattutto, sposto di frequente le esche. Ho trovato una sorta di equilibrio che mi permette di vivere tutto (pesca, impegni, altro divertimento) senza trascurare nulla. E sto bene. A tal punto che, non lo nego, il pensiero di fare una "tre giorni" in questi tre anni a volte mi ha angosciato, con la domanda: "Ma se posso prendere lo stesso in mezza giornata, perché andare via tre giorni?". La risposta è molto semplice, e sta in quegli stessi diari che ho sfogliato pochi giorni fa: perché si deve crescere, intraprendere un percorso, il proprio sentiero della vita, senza dimenticare che sei quello che sei grazie a quello che sei stato. Che nulla, di quello che hai oggi, lo avresti senza gli "errori" che, ai tempi, non ti rendevi conto di commettere. In fin dei conti, sotto sotto, una sette giorni nel tuo grande lago dei sogni ti piacerebbe farla. La prova, a te stesso, che sei ancora la medesima persona.

1 commento:

Unknown ha detto...

Sempre un piacere leggerti