mercoledì 17 settembre 2014
Quando meno te l'aspetti
Quali sono le catture dell'ultimo anno che ricordi con più piacere? Sono due, e hanno un denominatore comune: in entrambi i casi non avevo voglia di andare a pescare. Capita. Per esempio di domenica, quando hai lavorato tutta la settimana, oppure in un giorno della settimana che aspettavi da tanto dopo un periodo pieno di lavoro. Preferisci il divano alla recliner, la birra fresca alla bottiglia d'acqua ormai calda, il Cornetto Algida al Goo spruzzato sui pellet e sulle palline. Non c'è niente di male: siamo umani, mica robot, e momenti di relax sono necessari. La situazione cambia se pensi al fatto che di tempo per pescare ne hai poco, per lavoro, famiglia, impegni, e anche un unico pomeriggio potrebbe rimetterti al pari con la tua passione. Dall'altro lato non hai voglia. Che fai? Semplicemente, medi. «Finisco di vedermi la partita, poi con calma mi vesto e vado». Appena salito in macchina ti rendi conto che è una pazzia, perché sono le 4 del pomeriggio e alle 7 hai quell'aperitivo che hai promesso alla fidanzata e a cui, se mancherai, la pesca te la scorderai davvero per molto. Mezz'ora di auto, ovviamente, per andare e tornare: al netto di tutto, un'ora con le canne in acqua. «Ma chi me lo fa fare?», dici, mentre imbocchi la superstrada che ti porterà sullo spot. Mi piace chiamarla la "sindrome di timbrare il cartellino", e capita anche alle passione più appassionate, tra cui credo di poter essere inserito. Ti scatta qualcosa quando, infilato il secondo scarpone e caricato le spalle della poca attrezzatura, ti infili nel bosco e senti il frastuono dolce di chi lo abita. Uccelli che cantano, altri che fanno fischi, pesci che scattano fuori dall'acqua e fanno splash per catturare gli insetti, l'erba che si anima di fruscii provocati da piccoli esseri che non sai cosa sono perché non li vedi mai. L'inquietudine diventa quiete, come se, con una siringa, ti stessero inserendo in vena un anestetico blando. E così, passo dopo passo, entri nel mood giusto per pescare. La camminata si fa più veloce, perché, adesso, hai solo un'ora di pesca e questo (ma guarda...) ti dispiace. «Potevo uscire un'oretta prima?!». Arrivato sullo spot, in dieci minuti sei con tutte e due le canne in pesca. Non devi fare plumbing perché sai esattamente dove stai pescando. Cominci a pensare che un po' ti meriti una cattura, se non altro per lo sbattimento. Ma sai anche di aver commesso il "peccato mortale" di considerare la pesca un peso, e forse il destino te la farà pagare. Senti un paio di bip che ti punzecchiano le orecchie e ti fanno tendere la schiena appoggiata a quel grosso albero che da inizio anno è un po' il tuo rifugio. Poi la canna si flette, quasi salta via dai picchetti. Scatti, ferri. «Se risale la corrente di solito è bella». E lo è, mentre la vedi affiorare nel correntino sottoriva, ormai stremata, ma con le residue forze per non cedere alla rete del guadino. «Scommetti che si slama ora? Me lo meriterei...», e ti ripensi sul divano con la panza di fuori a farti fuori la 33 di Moretti. Poi però ti torna in mente un altra verità: il sacrificio viene sempre ripagato. E allora, eccola, decisamente grossa per il tuo spot, mentre rotola nel guadino e si agita piano sul materassino. Torna a casa lei, torni a casa tu. Alla tv stanno ancora commentando la partita, è come se non fossi mai uscito di casa. Ma lo hai fatto, e non avresti potuto prendere decisione migliore.
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