Chi mi conosce sa quanto vada matto per le pop-up. Impazzisco davanti ai barattolini di esche galleggianti tanto da sembrare "malato": il classico carpista che si perde davanti a odori, colori, diametri, forme e packaging più o meno accattivanti. In realtà è tutto calcolato e ogni acquisto che faccio ha un perché. Il motivo di fondo è che... se da sei anni a questa parte non uso mai un innesco totalmente affondante un motivo c'è! Contorto ma sensato, vero?L'altra sera si parlava di esche e inneschi in relazione al video underwater e alle conclusioni a cui ero arrivato. A un certo punto un amico ha detto: «La singola affondante è il top». E io: «Non la userei nemmeno sotto tortura». Silenzio. Stupore. Tentativo di spiegarsi. Questo post nasce proprio dallo spunto lanciato dai miei amici e, di fondo, ha il compito di illustrare perché faccio così fatica a concepire un mio finale dotato di esca singola (ma anche doppia) affondante. Cercherò di essere chiaro aiutandomi con qualche foto... mi scuso per la non eccelsa qualità ma mi auguro che il discorso fili lineare. Pronti? Via!
lunedì 24 settembre 2012
giovedì 20 settembre 2012
Lezioni subacquee
Dove eravamo rimasti? Ah sì, al video underwater delle carpe che si pappano un 360° rig. Ciò che mostrano quelle immagini sono in realtà i momenti conclusivi di un "esperimento" che si protraeva da una giornata intera, permesso esclusivamente da situazioni particolari che, però, ho sfruttato in pieno per capire alcune cose su quello che gli hair rig fanno effettivamente sott'acqua. L'occasione è stata ghiotta per rispondere ad alcune domande. Per fare qualche esempio: meglio un finale morbido o rigido? Meglio un terminale corto o lungo? Le carpe notano la differenza tra una poppy e una affondante? Quale dei due inneschi "vince"? Nelle prossime righe ecco alcune considerazioni scaturite dall'osservazione delle carpe in frenesia a pochi centimetri da riva.
lunedì 10 settembre 2012
Pablo underwater
domenica 9 settembre 2012
Frenzy
martedì 4 settembre 2012
Cambiare (per sopravvivere)
Non ho attraversato un gran periodo. Come molti altri figli dei primi anni Ottanta mi trovo a combattere una guerra a cui nessuno mi aveva preparato: trovare un lavoro. Il bello è che spada e pugnale devi tirarli fuori pure per farti pagare per ciò che hai fatto per qualcuno, che come al solito ti dirà che sei bravissimo, che meriti tanto ma che... insomma... devi pazientare... un contratto no.... e poi il compenso deve essere "in linea con il mercato". Uno schifo. Il campo di battaglia è impolverato da qualche anno ormai, ma l'unica soluzione che ci è concessa è andare avanti, guardare in là. Ritirarti non puoi: che fai, muori?
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