lunedì 19 ottobre 2009

[Guardialfiera] L'atterraggio



In attesa di raccontarvi le nuove avventure a Viverone (29/10 --> 1/11) e a Pusiano (12/11 --> 15/11), ritorno ancora sul viaggetto al Lago di Guardialfiera per l'edizione 2009 del Trofeo Cfi. Tramite Twitter io e Davide siamo riusciti a darvi qualche aggiornamento, ma è ben poco rispetto a ciò che abbiamo dovuto affrontare.
La prima fatica è stata il viaggio. Abbiamo deciso di partire con una macchina sola, appuntamento intorno alle 19 a Famagosta, dopo una giornata di lavoro. L'automobile di Davide si riconosce a centinaia di metri di distanza: è stracarica! Zompo sul sedile e immediatamente vengo stordito da un forte odore. Buono, ma pungente: «Grande Davide! Hai per caso portato i funghi?!». «No, sono le tue palline arancioni...». Niente arrosto o bistecconi, quindi: quell'odore che ricordava i funghi secchi era quello delle mie palline al monster crab. Olè, ingranata la prima si parte.
Il viaggio è lungo ma molto scorrevole. Superiamo il nodo di Bologna con un po' di apprensione (lì, chissà come mai, c'è sempre traffico) e poi percorriamo tutta l'Adriatica. Per il Tom Tom sono 808 chilometri: li copriamo in circa 7 ore e mezza, fermandoci tre volte per mangiare e berci un potente caffè.
L'arrivo al lago è stupefacente. Vediamo la diga e imbocchiamo un grande ponte che sovrasta l'acqua. Il Liscione è immenso: lo scorgiamo a destra, poi a sinistra; a un certo punto scompare e poi torna di nuovo a destra e ancora a sinistra. Non finisce più: mai pensavamo di dover fare i conti con tanti metri cubi d'acqua! Se ci stupisce così con il buio, figuriamoci di giorno...

Sono le 2.30 di notte: che fare? Il giorno precedente mi sono sentito con Ivan, l'organizzatore, e gli ho chiesto espressamente di indicarci un posto per piantare la tenda e dormire quelle poche che ci separavano dall'estrazione. «Scendi il ponte, poi la prima a destra seguendo il cartello "Spiaggia": mettiti dove vuoi, senza problemi». Seguiamo per filo e per segno le indicazioni, passimo sotto a un cavalcavia e, nel buio più totale, arriviamo al lago. In effetti, troviamo una grossa spiaggia. Sulla destra ci sono i locali di un ristorante (chiuso) e una strada semi-asfaltata che segue la sponda dall'alto. Stessa cosa a sinistra, solo che il fondo stradale è decisamente messo peggio. Non c'è un'anima in giro: che fare? A prima vista il posto non ci convince molto. Stiamo stanchi, è vero, ma rischiare di piazzarci dove non possiamo è un azzardo che non vogliamo provare. Non si può proprio fare una figuraccia così. Chiamare l'organizzazione in piena notte? manco a parlarne. Decidiamo allora di salire verso il paese di Guardialfiera, un piccolo insieme di case che sta proprio sul cucuzzolo di una alta collina. «Ci sarà un parcheggio, no?».



Tornante dopo tornante, la strada si fa sempre più stretta. Capiamo subito che di possibilità di parcheggio (per dormire) non ce ne sono. La missione in paese fallisce, così facciamo inversione e ritorniamo alla spiaggia. «Cosa può mai succederci?», ci chiediamo, ragionando anche sul fatto che forse non avremmo avuto problemi se quella spiaggia fosse stata il campo gara,. Ripercorriamo la strada ed eccoci di nuovo alla spiaggia. Bivio: destra o sinistra? Imbocchiamo la strada messa meglio, costeggiando il ristorante. Sembra una zona troppo "civilizzata" per poterci piazzare a nostro piacimento : ci sono il ristorante, i giochi per bambini, un circolo velico... Proseguiamo e improvvisamente vediamo una grossa jeep. «Davide, fermiamoci qui, c'è qualcuno in camporella», dico io malizioso. Troppo stanco, il socio pigia sull'acceleratore e si avvicina alla macchina. Non nascondo che da un momento all'altro mi aspettavo di vedere una mano (se non qualcosa di più scabroso) appoggiarsi sul finestrino. Invece, la macchina è vuot e l'osservazione non è vana perché in controluce scorgiamo una tenda. «Sembra un bivvy», diciamo. Andiamo a rompergli le scatole? Non ci sembra il caso: siamo talmente stanchi che potremmo scambiare un sasso per una tenda.
Ci resta un'unica soluzione: girare l'auto e imboccare la strada sterrata che costeggia la sponda dall'altra parte. La zona è poco rassicurante: la carreggiata è fangosa, piena di buche e di pozze, tutt'intorno ci sono arbusti, canneti, erbacce e qualche rifiuto qua e là. Siamo consapevoli di fare una grande pazzia. Davide a un certo punto svolta in un buco tra la vegetazione che porta direttamente alla riva. Scendo dall'auto per verificare che le ruote non si impantanino e dopo qualche metro spegniamo il motore. Eccoci. Atterrati: ore 2.45 della notte.



Il resto della nottata ci vede impegnati in una seconda pazzia. Non potendo tirare fuori la tenda («E' l'ultima cosa in fondo!»), montiamo un piccolo shelter. Fin qui niente di strano, se non che... dormiamo senza lettino. Alla vecchia maniera: sacco a pelo e schiena a terra. Sono poche ore e sopratutto si fa meno fatica così rispetto a quella che si farebbe scaricando (e ricaricando) nel pieno buio la macchina. Ci sentiamo come i pionieri del carp fishing: «Troppo extreme!».
I nostri occhi si apriranno cinque ore più tardi: la schiena e il collo sono a pezzi, ma siamo sereni perché tra poco inizierà l'avventura. In lontananza scorgiamo il bivvy dell'altra notte: non sappiamo ancora che quella della notte è stata solo la prima (divertentissima) fatica.

PS: Abbiamo fatto bene a partire in notturna. La mattina seguente, infatti, l'autostrada è stata chiusa per ore a causa di un assalto a un portavalori. Coppie molto più vicine di noi (per esempio di Macerata) hanno impiegato lo stesso nostro tempo per fare però un quarto dei chilometri. Meglio arrivare di notte e dormire a terra, piuttosto che passare sei ore in coda nel traffico!

1 commento:

Umbecarpone ha detto...

graanddi...mi sarebbe piaciuto anche a me esserci...cambiare un po aria uscire da un circolo chiuso di poste numerate e laghi ormai troppo famosi....e andare all avventura come una volta... cciao menega
legalizza!!!
ps cambianddo cell ho perso il tuo numero di cell me lo potresti mandare o comunicare per favore? grazie