martedì 13 ottobre 2009

[Maratona 2009] La prima non si scorda mai



Ci sono sensazioni difficili da raccontare. Semplici da vivere, ma quasi impossibili da riferire. Sono brividi lungo la schiena, trilli nelle orecchie, scintille nel cervello. Avete presente quando si prova la sensazione che di qui a poco succederà qualcosa di importante? La foto che vedete qui sopra vi fa già capire dove voglio andare a parare. Me lo sentivo, stavolta ce l’avrei fatta. «Facile dirlo ora che tutto è compiuto!»: hai ragione, caro amico, ma questa volta è andata proprio così. C’era qualcosa nell’aria, un incastro di sensazioni e di gesti che faceva presagire il grande (grandissimo) evento. La prima di Endine non si scorda mai, e più di me nessuno può essere d’accordo.

Incastro di azioni e gesti, dicevo. Ebbene, la cattura è avvenuta dopo la calata più difficile di questo 2009. Come ben sapete, pescavamo a pochi centimetri dagli erbai, in mezzo ai corridoi di fondale pulito. Tanto per intenderci, facevamo scendere l’esca sul fondo tenendo gli occhi incollati allo schermo dell’ecoscandaglio,. Siamo a venerdì sera: devo calare l’ultima canna. La giornata, tra giro delle catture e altri contrattempi, è stata piuttosto piena. Devo fare tutto al tramonto, approfittando degli ultimi giorni di sole. E invece, in serie: leggera pioggerellina che mi coglie senza cerata, venticello debole e freddo che bastava a spostare la mariposa, il trasduttore che non vuole saperne di stare incollato alla barca e un mazzo d’alghe che si impiglia all’elica del motore. Finita? Macché! Arrivato allo spot, scandaglio per bene la zona. Pasturo i bordi dell’erbaio con sbriciolato di boilie e micropellet da 5 millimetri e infine mi posiziono nel punto in cui voglio calare. Piove e c’è vento, è dura rimanere fermi. Piombo in acqua, apro l’archetto e la montatura non scende: il filo ha fatto il giro della punta e nel frattempo lo snag leader dello 0,70 “esplode” dalla bobina. Riavvolgi il filo e snoda la punta, ci riproviamo. Il piombo scende, tocca il fondo molle e poi si blocca. Sull’eco appare chiaramente il filo diretto verso l’erbaio gigante. L’ho combinata grossa: ho calato in pieno erbaio. Dannato vento! Tiro, ma la lenza è impigliata. Tiro più forte, quasi spacco la Leon. Dopo cinque minuti è già buio e io sono nel bel mezzo del lago che cerco di staccare l’erbaio dal fondo. Improvvisamente, la lenza viene verso di me, ma a una velocità innaturale. «Stac!». Sento un rumore e vedo il piombo rotolare sul fondo della barca. Il filo è molle e capisco: a forza di tirare si è rotto tutto, ma per fortuna piombo e finale sono saltati in barca sullo slancio. È la mia giornata fortunata perché trovo subito una soluzione che non mi obbliga a tornare al campo. Quando pesco a lunga distanza di solito non recupero le canne, ma vado sull’innesco in barca e poi cambio direttamente il lead core con il finale, legandone uno nuovo. Fortuna vuole che in barca avessi ancora quello appena tolto. Si ricomincia: metti il nuovo terminale sul lead core, il piombo e lega tutto allo snag. In cinque minuti sono di nuovo pronto a calare. Sono quasi le 8 di sera. Il piombo scivola più lento e si poggia. «Ma... qui è duro!», dico tra me e me. Faccio saltellare il piombo una seconda volta e scopro che, nella sfortuna, ho trovato un punto dure nel bel mezzo del corridoio di erbai. Lancio cinque palline intorno all’innesco e finalmente torno verso riva. Il King ha ormai già la pasta pronta: «Ehi, ma che è successo?». Niente, una calata così così...

Capita allora che vai a letto senza troppe paranoie. O la va o la spacca. Senti di aver dato il meglio, di aver fatto il possibile, e ti nascondi dietro quel “tanto le carpe non sono nel settore”, che ti fa sentire così al sicuro. Una buona cena, quattro chiacchiere e l’ennesimo scroscio d’acqua che questa volta ti accompagna per tutta notte. Ci siamo, gli occhi si chiudono per riaprirsi dopo un timido bip alle 6 del mattino. «È un gialdone», dico. «Muoviti, come fa un gialdone a portare via filo a 150 metri da riva?!», dice il King. La partenza è indecisa, ma siamo vicini agli erbai e qualche sussulto ci può stare. In un attimo siamo vicini al segnalino. La lenza punta la zona più fitta dell’erbaio. Tiro, ma la lenza è bloccata. Mi fido della resistenza della mia lenza e tiro ancora più forte: qualche bolla, ed ecco il pesce a galla. Siamo tutti e due abbastanza storditi, perché la pioggerellina e le miti temperature ci hanno fatto partire per un lungo sonno. Qualche esitazione con il guadino («King, passa a me la rete!»), ma finalmente ci siamo. Tiro un sospiro di sollievo e mi levo dallo stomaco un mattone. Cinque minuti di tensione totale, con il solo pensiero fisso di rischiare di perdere la mia prima carpa di Endine. Ma poi mi va bene. Sento la pacca sulla spalla del King e la prima cosa che penso è “spero che ora tocchi a lui”. Poi ritorniamo lenti al campo, mentre il sole sta facendo capolino dietro le montagne come se smaniasse anche lui di vedere quella carpa. È un altro giorno, e ora inizia un’altra storia...

5 commenti:

luky63 ha detto...

anche Endine si è lasciato andare ora ti mancano solo i Grandi laghi!
maggiore, como, garda,d'orta.

Il Menega ha detto...

Hai detto Garda? :)

Maury ha detto...

Carpfishing e poesia. Bravo Pab! Direi che con poche e ottime righe hai reso bene cos'è il CF! (che mazzo!)
Certo che quel lago è davvero una grande bagascia, ha dato molto a sconosciuti in pochi giorni e concede nulla a chi si è fatto il mazzo tante volte... capisco bene le tue sensazioni di quella mattina. Ciao!

luky63 ha detto...

si pablo Garda ho saputo di catture zona Salò

Il Menega ha detto...

Endine e Garda, due laghi così diversi eppure avvolti dal mistero...